Corte Costituzionale
Sentenza n. 120 del 22 luglio 2025
Secondo l’art. 2 del Dpr 797/1955, sono esclusi dall’Anf:
- il coniuge del datore di lavoro;
- i parenti e affini fino al terzo grado conviventi con il datore.
La Corte Costituzionale ha stabilito che la convivenza di fatto tra un lavoratore subordinato e il proprio datore di lavoro non impedisce l’accesso all’Assegno per il Nucleo Familiare (Anf), a meno che non vi sia un contratto formale di convivenza.
IL CONTESTO
La Corte d’Appello di Venezia aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del Dpr 797/1955, sostenendo che l’assenza di un’esclusione esplicita per i conviventi potesse creare disparità rispetto ai coniugi, violando gli art. 3 e 38 della Costituzione.
LA VICENDA
L’Inps aveva negato l’Anf a una lavoratrice convivente con il datore di lavoro e madre dei suoi figli, equiparando la convivenza al matrimonio ai fini ostativi.
LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE
La Corte ha sottolineato che:
- la convivenza di fatto e il matrimonio sono giuridicamente diversi,
- la norma serve a evitare l'autofinanziamento del datore, ma non si applica ai conviventi non formalizzati.
La suprema Corte ha quindi respinto la questione di legittimità, ritenendo coerente e non discriminatoria la normativa, poiché la convivenza è irrilevante ai fini dell’Anf, salvo se formalizzata con un contratto (come previsto dalla Legge Cirinnà).